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Diego Antolini |
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Il seguito dell'analisi sul caso BM. Leggi la prima parte
L'8 maggio 2017 va in onda a Report un servizio dal titolo:"Il silenzio degli insolventi", di Paolo Mondani, un'inchiesta a trecentosessanta gradi sulle banche italiane (349 miliardi di debiti deteriorati che coinvolgono 10 milioni di italiani, 200 tra funzionari e amministratori di banca accusati di bancarotta fraudolenta, bancarotta semplice, di falso in bilancio e di corruzione). Vari professionisti del settore economico, finanziario e imprenditoriale saranno sentiti nel corso della serata, tra cui Daniele Nouy, presidente del Consiglio di Vigilanza della BCE (Banca Centrale Europea), Oliver Stone (regista Americano), Ignazio Angeloni (Consiglio Vigilanza BCE), Francesco Boccia (Presidente Commissione Bilancio Camera dei Deputati), Marcello Minenna (Economisca London School of Economics), Giuliano Longfils (Consigliere comunale FI Mantova), Sergio Lenzi (ex presidente CARIFE), Fabio Pavesi (giornalista Il Sole 24 Ore), Lorenzo Rosi (ex presidente Banca Etruria), Franco Gazzani (ex presidente Fondazione Cassa Risparmio Macerata), Massimo Bianconi (ex Dg Banca Marche), Marco Ricci (allora giornalista di Cronache Maceratesi) e tanti altri. Prima di affrontare il tema BM non puo' passare inosservata la sfilza di ex che popolano l'inchiesta. E', anche questo, un tetro e miserevole segnale di come la nostra societa' e' modellata: i problemi presenti e gli attori che quei problemi li vivono (attivamente o passivamente) non osano esporsi perche' invischiati nella fitta rete delle 'conseguenze' cui ogni dichiarazione invariabilmente porta. La poltrona e' calda e vellutata fino a quando la si occupa. Una volta in piedi, magari guardata da una certa distanza, torna ad essere quella che in fondo e': una sedia dove non e' certamente la testa che vi si posa. Quello di portare i problemi presenti all'attenzione della gente attraverso prospettive "passate" e' uno dei motivi del fallimento dell'organizzazione sociale del nostro tempo.
Marco Ricci e Massimo Bianconi sono i personaggi legati, in modi diversi, al crac BM: il primo additato come responsabile per una cattiva gestione del credito dell'istituto marchigiano, mentre il secondo applaudito per aver seguito con costanza tutta la vicenda di Banca Marche per conto di un giornale online che - caso rarissimo nell'editoria - e' diventato popolarissimo nella regione di attivita'. Banca Marche, insieme alle tre 'sorelle cattive' Banca Etrurua, Carife e Carichieti e' fallita nel 2015 mettendo al tappeto 40 mila azionisti. Nel 2015 la banca aveva crediti in sofferenza per 6 miliardi di euro. Indagati dalla magistratura sono 40 amministratori per bancarotta (20% del totale degli amministratori accusati a livello nazionale), incluso l'ex direttore generale Massimo Bianconi, per il quale si parla di corruzione. Dice Franco Gazzani che "Le responsabilita' di Bianconi sono state quelle di aver affidato soggetti inaffidabili. Non e' possibile affidare aziende e societa' che poi si sono rivelate societa' che avevano pochissimo patrimonio se non, addirittura, nessun patrimonio."
Ma chi vigilava? Sembra che tutti gli organi preposti, dal Cda al collegio sindacale, ai revisori a Price Waterhouse Coopers (che li certificava) parlassero di 'bilanci meravigliosi'. Ma adesso si scopre che erano falsi. Tutti incapaci? Si chiede Massimo Bacci, sindaco di Jesi. Si, aggiungo io, se vogliamo credere agli asini che fanno di conto. Marco Ricci elenca una decina di posizioni imprenditoriali che sarebbero i debitori piu' gravi (insolventi) a cui BM ha concesso prestiti senza verificarne la solidita' patrimoniale: Dice, Ricci:
"Nel complesso possiamo parlare di una decina di posizioni e arriviamo a 850 milioni di euro. Abbiamo il Gruppo Lanari costruttori anconetani molto importanti, 250 milioni; il Gruppo Santarelli di Ascoli, un altro costruttore, 140 milioni; la Polo Holding di Fano, di nuovo costruttori, 130 milioni di euro; poi i gruppi Casale e Degennaro per un complesso di 100 milioni; Gruppo Ciccolella, che sono dei vivaisti pugliesi, più o meno, 80 milioni; più altri 60 milioni il gruppo Mulazzani Italino di Rimini, sempre un gruppo edile; un altro gruppo di Fano, il gruppo Mattioli, 50 milioni di euro; 30 milioni di euro al gruppo riconducibile a un commercialista anconetano, ex consigliere regionale, Franco Sordoni: più 17 milioni di euro ad esempio ascrivibili al gruppo di Mazzaro Canio, conosciuto perché ex marito di Daniela Santanchè, nelle cui società tu trovi come consigliere di amministrazione Cirino Pomicino, piuttosto che il figlio di Massimo Bianconi."
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E Bianconi, nell'occhio del ciclone per il suo ruolo "maximo" all'interno di BM, si difende dicendo che "l'ultima
ispezione della Banca d'Italia su tutte quelle posizioni si e' conclusa
nel febbraio o marzo del 2011 e io sono andato via 8 mesi dopo. Quindi
non c'era niente, tutte quelle posizioni non erano classificate in
nessun modo da nessun'altra parte" e aggiunge, incalzato dal
giornalista Paolo Mondani, che la Banca d'Italia avrebbe avuto un
atteggiamento prevenuto nei confronti di BM e delle fondazioni che la
conducevano. Gia', Bankitalia. Gia' dal 2011 la Consob aveva scritto alla Banca d'Italia per ricevere informazioni (vedi articolo),
ma Ricci fissa l'anno al 2012 quando i vertici chiedono
l'allontanamento del direttore generale Bianconi. Bianconi ottempera e
lascia con una buona uscita di 2 milioni e 200 mila euro. Ma,
continua Ricci, "e' la seconda buona uscita. Perche' la buona uscita di 1
milione e mezzo di euro Bianconi l'aveva presa l'estate precedente...il
giorno prima che entrassero in vigore le norme che assoggettavano le
buone uscite ai rischi che una banca si e' assunta...Banca Marche
interrompe il rapporto di lavoro a Bianconi e contestualmente la banca
gli fa un nuovo contratto che sara' piu' lungo del precedente".
Per ovviare al problema dei crediti sofferenti, nel 2016 il Governo
favorisce la costituzione del Fondo Atlante, che pero' con 4 miliardi di
finanziamenti e' riuscito a intervenire solo su Veneto Banca e Popolare
di Vicenza. Mentre in altri paesi (Germania e Stati Uniti su tutti) i
prestiti governativi dati alle banche tempestivamente rientravano con
gli interessi favorendo nuovi investimenti, il cronico "ritardo
mediterraneo" italiano ha colpito anche sul piano finanziario. Nel 2015,
anno di nascita del Bail-in in Europa, gli altri avevano gia' preso
opportune misure almeno tre anni prima, mentre Tremonti minimizzava la
gravita' della situazione. Nel 2014 il governatore Visco ha inforcato gli occhiali e ha guardato meglio, ma era tardi. Monti
nel 2012 aveva emesso Bond per salvare MpS (lo strumento certamente
piu' solido in possesso di uno Stato): 4 miliardi che potevano essere
convertiti in azioni, diventando cosi' conproprietario (magari pro
tempore) e dando un segnale quantomeno di fiducia ai piccoli
risparmiatori. Invece sono arrivati gli aumenti di capitale (8
miliardi), come a dire un cancro che si cura allargandosi, che hanno
soltanto accelerato la crisi rovinando proprio loro, i risparmiatori
piu' deboli.
In questo scenario cosi' desolante, dov'e' il
Minotauro? Nel 2013 la Merkel diceva che "ogni Paese deve risolvere i
propri problemi finanziari da solo" (intervenendo con un ingetto di 238
miliardi di euro STATALI a favore delle proprie banche). Giustissimo,
visto il "peso specifico" dell'Unione Europea attuale. Ma allora
perche', nella crisi italiana, la BCE sostiene che "i crediti
deteriorati si devono liberare rapidamente" e che "lo Stato non puo'
piu' salvare le banche: devono pensarci azionisti e obbligazionisti
(Bail-in)", regola introdotta a fine 2015 che praticamente costringe
l'Italia a cedere i crediti sofferenti alle "Vulture Companies", le
societa' avvoltoio Americane o Giapponese (due facce della stessa
medaglia?), dissanguando ancora di piu' le gia' misere risorse
nazionali. Sven Gold (Commissione Problemi Economici Parlamento
Europeo) dice che "lo Stato e' intervenuto nel Regno Unito, Germania e
Francia ma prima della fine del 2015, quindi prima dell'arrivo del
Bail-in". E' questo il punto: fino a quando l'Italia rimarra' fuori
dal 'tavolo che conta' e si limitera' a servire come fanalino di coda a
intermittenza per l'Europa, avra' solo danni (economici, sociali (vedi
immigrazione incontrollata) e psicologici (la sindrome del "ritardo
mediterraneo" che attanaglia il nostro Paese dalla nascita della
Repubblica).
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E il Minotauro? Dice Marcello Minenna (Economista London School of Economics):
"Il
Comitato di Basilea...quelli che scrivono le regole sulla
contabilizzazione dei derivati, sulla misurazione dei rischi e di come
rappresentarli. Hanno ricevuto pressioni dal governo tedesco che a sua
volta prendeva atto delle rappresentazioni di Deutsche Bank sul tema
derivati e leva finanziarai e quindi hanno cambiato le regole per
evitare che la Deutsche Bank apparisse come una banca ad alto rischio
sistemico."
Scioccato, Paolo Mondani chiede: "Cioe',
addirittura il comitato di Basilea stava, come dire, implementando
regole piu' stringenti sul tema derivati e le hanno fatte saltare
perche' il governo tedesco gli dice 'Deutsche non si tocca'?"
Indovinate la risposta di Minenna?
Deutsche Bank, dice Rainer Lenz (Finance Watch Bruxelles) "ha
oltre 40 trilioni di euro di derivati: un rischio enorme. Il management
della banca dice che in futuro ridurra' questa esposizione. Ma chi li
controlla?"
E, a chiusura di questa finestra sul "Labirinto
del Minotauro", le dichiarazioni di Heiner Flassbeck, ex Viceministro
Finanze della Germania:
"Deutsche Bank ha vissuto per anni
giocando d'azzardo e speculando. Oggi i mercati azionari sono totalmente
sopravvalutati. Se si normalizzassero, molte di queste scommesse si
sgonfierebbero, con perdite inimmaginabili."
E, conclude Flassbeck,
"il
problema dell'Europa non siete voi, e' la Germania che con salari
troppo bassi e il surplus commerciale alle stelle ammazza gli altri
stati. Con le politiche di austerita' la Germania sta distruggendo
l'Europa...se l'Italia e la Francia formassero una coalizione dicendo:
'ehi Germania, devi smetterla! Bisogna tornare a investire!' solo allora
avremmo una chance".
Oppure scegliere la via di fuga stile
Regno Unito e diventare un Paese che si costruisce da solo, assume
un'identita' precisa e persegue obiettivi internazionali per
salvaguardare la propria identita' nazionale. Se non sara' cosi', caso Banca Marche potrebbe essere l'ultimo segnale d'allarme prima di raggiungere il punto di non ritorno. |
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10/02/2018 14:40:58 |
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