Non può e non deve essere un braccio di ferro fra Macerata e Matelica. Il progetto di partire in Lega Pro con il nome “Macerata” (da tempo nei pensieri del numero uno della Fidea) è ancora possibile. Lo dicono le graduatorie che indicano il club biancorosso come papabile per un ripescaggio nei professionisti. Ma anche in serie D la soluzione all'enigma deve essere comunque questa: l’unione calcistica, non solo delle due città, ma di un’intera provincia che segue il pallone. La messa in vendita della Sangiustese ne è l’ulteriore conferma, se ce ne fosse stato bisogno.
Dal Matelica calcio potrebbe nascere una squadra che non sia strettamente connessa alla rinascita della Rata, ma che rappresenti al meglio tutte le realtà del capoluogo, del territorio tutto e dei settori giovanili (partendo proprio da Matelica) attraverso un processo di coesione. Le strutture ci sono e le prospettive per tessere una fitta rete di relazioni anche. C’è da lavorarci. Poi, come negli anni 70, veder rifiorire un pubblico tutto biancorosso che parte dalla costa fino ad arrivare ai confini umbri. Lasciando da parte, nei limiti del possibile, i campanilismi.
Oggi il calcio deve essere visto anche così. Per Canil Macerata è una piazza attraente ma ha dimostrato di essere troppo sola e controversa. Politica e tifosi ne sono testimonianza. A giorni la scelta definitiva dell’imprenditore veneto, in passato molto vicino all’acquisto della Maceratese. Matrimonio mai consumato e motivo allora di scetticismo da parte della tifoseria. Mauro Canil è dunque ad un bivio, lasciando in apnea chi ha terribilmente bisogno di tornare a respirare quei fatidici 90 minuti.
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