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Luciano Magnalbò |
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CAPITOLO II
Giulia, Martina e il fazzolettino nella Panamera - l’architetto e il capitano in giro per notizie - Giulia e Martina cercano di sapere da Girma - il funerale - il marchese Delutiis, il dott. Vulpiani e il sig. Piergiacomi vengono interrogati dall’Arma. La mattina dopo Giulia e Martina decisero di andare alla villa per vedere se vi fosse qualche indizio nelle macchine di Paola, una Porsche Panamera, una Aston Martin cabriolet ed una piccola Audi supercompressa, che erano in fila in garage e che non risultavano sequestrate dal procuratore; Paola, come il padre, aveva tra le tante passioni anche quella per le auto e per la velocità, e questa era una di quelle cose che facevano mettere i capelli bianchi all'architetto Rovistando trovarono nel cassettino della plancia della berlina un fazzoletto rosa ricamato, di quelli usati da Paola, molto sgualcito e macchiato di scuro. Fu sufficiente un'occhiata per capire, anche a loro era successo tante volte di usare il fazzolettino in macchina per certe cose, ma quando erano più giovani e non disponevano di una camera da letto off control; Giulia lo prese e, dopo averlo ben disteso e guardato in controluce, lo annusò e lo passò a Martina; anche Martina volle annusarlo, e convennero che ormai era secco e non aveva più nessun odore. Intanto l’architetto ed il capitano giravano con la monumentale Bentley in lungo e in largo domandando a tutti quelli che conoscevano quando e dove avessero visto Paola per l’ultima volta; andarono dalla estetista, una donna gagliarda, dagli occhi dolci e stretta in un grembiulino rosa, dalla quale in un altro momento si sarebbero fatti massaggiare senza limiti, dal coiffeur mezzo uomo e mezzo donna, tutto mossette e petulante, dalle commesse delle botteghe di moda e d’arte dove Paola spendeva montagne di soldi, dalla podologa ed in banca: non cavarono un ragno dal buco. Andarono anche al Centrale, dove erano già passati i carabinieri: lì il barman l’aveva vista l’ultima volta circa tre o quattro giorni prima, era arrivata con il ragazzo di colore e s’era seduta come al solito al solito tavolo; aveva ordinato un primo Martini, e poi un secondo ed un terzo; tra il secondo e il terzo - il barman fu preciso - aveva chiesto al direttore una sigaretta e l’uomo le aveva lasciato il pacchetto sul tavolo; il direttore, che si chiamava Antonio, ed era il giovane dell’enorme pick-up nero, confermò, e disse che sempre la signora Paola gli chiedeva una sigaretta, e a volte se la faceva accendere, perché diceva che non portando appresso né sigarette né accendino riusciva a fumare di meno; e lui le lasciava il suo pacchetto sul tavolo. Tornando alla barca Giulia e Martina stabilirono di mantenere il silenzio sul fazzoletto, e di sentire Girma se avesse qualcosa da dire. Girma era ritornato a bordo a fare le pulizie, lo strinsero mentre stava spolverando la loro cabina, lo fecero sedere comodamente in mezzo, e Giulia fece la prima domanda: - dove siete stati in questi giorni con la signora Paola? Il mozzetto così da vicino emanava una energia particolare, una specie di fluido magnetico che alle donne fece rizzare la peluria delle braccia e piacevolmente accapponare la pelle. Rispose tranquillo: - due ieri no vista signora Paola, io andato a Pedaso, io appuntamento co donna. - Ah - fece Martina quasi contrariata - l’altro ieri sei andato con una donna? - Io due ieri sì; tre giorno altro con signora a Golf Conero, io rimasto fuori club e signora Paola entrata. - E poi? - Le donne volevano sapere. - Poi Civitanova a market e ritorno a villa. - Vi siete fermati per strada? - No. - Girma devi dire la verità - lo riprese Giulia con aria materna, contemplandogli quei bei capelli neri; e, tirandolo fuori dalla borsa, gli mostrò il fazzolettino che con Martina avevano trovato nella Panamera. - Fazoletto signora Paola!
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Il ragazzo appariva spiazzato - Già, è il fazzoletto della signora Paola che era in macchina, e tu non hai detto la verità. L'imbarazzo
dell' etiope era ora evidente, e quando Martina gli chiese chi fosse la
donna con cui era andato due giorni prima, il ragazzo fornì notizie
precise: si chiama Carla, frequenta Civitanova, Porto San Giorgio e
Pedaso, è una escort, lavora in macchina; si erano incontrati al
quadrivio di Pedaso, lei l’aveva caricato ed erano saliti fino ad un
campo sopra il paese lungo una strada di campagna, aveva steso un
asciugamano per terra e zac tante volte; poi l’aveva riaccompagnato al
quadrivio, gli aveva dato cento euro e s’era diretta verso Cupra; e lui
era ritornato in villa. A Martina venne in mente una mail di Paola
dell’anno prima, dalla Sardegna, che raccontava di una gita con il
mozzetto a fare fotografie, e di una radura con una quercia da cui si
vede il mare; l'aveva riletta più volte e l'aveva quasi imparata a
memoria: i due s'erano fermati per fare picnic all’ombra di una
quercia, in alto sul mare, e con quel cielo terso il mondo sembrava
tutto celeste; Paola, distesa su di un asciugamano bianco, s'era tolta
gli shorts e s'era abbandonata; ma un momento prima d' entrare il
ragazzo era esploso, deponendo il suo liquido nero sulle sue gambe e
sull'asciugamano; a lei era venuto da ridere e lui s'era mortificato. Sull'asciugamano bianco del pic.nic, quindi, le stesse macchie del fazzolettino della Panamera. Poi
ritornò alla realtà e riprese il discorso con Girma: - dunque zac tante
volte? Salute! Ma come, ti ha dato lei cento euro…! Non la dovevi
pagare tu...? Non è una prostituta…? Ma che senso ha? Martina era quasi inviperita, pensava di essere portata in giro, e che quelle fossero tutte frottole o fantasie del ragazzo. Ma Girma le rispose guardandola: - no lei prostituta, lei escort, lei molto namorata de me. Martina
rimase senza parole: no lei prostituta, lei escort, lei namorata de me,
lei zac tante volte, si ripeté alzando gli occhi al cielo e tirando un
profondo sospiro. S’intromise Giulia: - Girma ma tu l’hai vista la signora Paola morta con la ferita sul cuore? Il
ragazzo scosse con dolore la testa, ed anche immerso nella sua
tristezza era veramente bello; e Martina continuava a mangiarselo con
gli occhi. - Bisognerebbe andare insieme all’obitorio appena fatta
l’autopsia, ma creeremmo sospetti; potrebbe anche uscire qualche foto
sui giornali. - Le foto c’erano già stamattina - intervenne Martina
uscendo dal sogno; e cavò dalla borsa un mucchio di giornali e li mise
sul tavolo: in prima pagina di quasi tutti troneggiava la foto a colori
della villa con accanto, in un quadratino, una bella foto di Paola
all'ultimo ricevimento dell'ambasciata d'America a Roma. Girma divenne pallido quanto può diventarlo un uomo di pelle scura. -
Senti qua - disse Giulia leggendo il giornale: - sotto il cuscino
della vittima è stato trovato un … - e fece leggere a Martina la riga. Si guardarono e Martina si mise una mano nei capelli. -
Girma - ordinò Giulia - mi devi assolutamente portare all’esterno della
finestra della stanza dove hai trovato la signora Paola, mi dovrai
spiegare qualcosa per bene, dovremo ricostruire l’accaduto e dovrai
raccontarmi senza bugie cosa facesti, ora per ora, la mattina ed il
pomeriggio prima del ricevimento. - Ci dovrai portare - precisò con
decisione Martina, che voleva partecipare alle indagini e che non
intendeva lasciare sola Giulia con il mozzetto a ricostruire l’accaduto;
e stabilirono che l’indomani mattina sarebbero salite di nuovo alla
villa. Eseguita dopo le ventiquattro ore di rito l’autopsia che il
sostituto aveva ordinato, una autopsia ristretta ad accertare gli
effetti della lama sugli organi vitali, la presenza o non presenza di
violenze di qualsiasi tipo sulla persona e - molto importante - l’ora
della morte della vittima, venne il momento del funerale. Fu
celebrato questo in pompa solenne nella chiesa di San Francesco, l’unica
della città capace di accogliere una gran folla di gente; la messa fu
cantata da Monsignor Arcivescovo assistito da sette canonici del
Capitolo, e l’orazione funebre fu tenuta da un Padre Gesuita venuto
apposta da Roma, celebre per la sua oratoria e per i suoi pungenti
articoli sulla rivista della Compagnia; era costui un cugino di Paola,
figlio del fratello del padre, e quindi anch’egli marchigiano fin dentro
le ossa. Erano venuti da Roma i rappresentanti dei circoli dove
Paola iure ereditario era iscritta, tutte teste altamente coronate, e
gli ultimi rappresentanti delle grandi famiglie baronali romane, a bordo
di decorose vetture nere, ma assai lontani dai fasti e dalle esuberanze
dei loro padri, oberati com’erano da ville, palazzi e castelli di
magnifico tono, ma per lo più poco sufficientemente produttivi. Venne
anche il Principe Gran Maestro dell’Ordine cui Paola apparteneva, e con
il cui mantello era stata avvolta nella bara; il Gran Maestro,
barcollante nella sua stazza, raggiunse tra i banchi gremiti il sepolcro
traboccante di fiori ed eseguì devotamente il rito che gli apparteneva,
accarezzando la bara e deponendovi un bacio. Nella stessa ora
venivano celebrati in luoghi diversi altre due messe in memoria della
defunta: una prima nella chiesa della villa, dedicata alla Madonna del
Carmine, e una seconda nella Abbazia di Piobbico, un sito sperso tra i
monti, detta anche l’Abbazia inter rivora, perché posta tra un torrente
ed il fiume Tennacola, dedicata a Santa Maria; era stata edificata
nell’anno 1030 su di un campo detto del Beato Marcello donato dagli
Offoni, la famiglia che allora ne aveva la proprietà, al prete Alberto
ed ai suoi compagni, con l’obbligo perpetuo di una messa in occasione
della morte di un membro della famiglia; e tale consuetudine si era
protratta immutata di generazione in generazione, di secolo in secolo. Tra
gli intervenuti al funerale furono notati anche Marcantonio d’Alavos,
uno stilista di grande successo, e Peppinella d’Orliens, una zitellona
che quando è alticcia si vanta di essere l’ultima discendente diretta di
Gesù e della Maddalena tramite i Capetingi; e poi anche un enorme uomo
biondo con baffi e pizzo, rosso in viso, dall’aspetto un tedesco o un
russo, con accanto una ben portante cinquantenne di area spiccatamente
balcanica. L’architetto era in prima fila, nella colonna di sinistra,
con accanto Martina, Giulia ed il Gran Maestro, e nei banchi dietro
erano seduti in silenzio i presidenti dei circoli e tutti gli amici, i
più intimi in testa; dall ‘altro lato, in capo alla colonna di destra,
era stata accomodata nella sua carrozzella la vecchia contessa cieca,
assistita dal ministro con accanto Girma, dalla cameriera e dalla
badante rumena; e dietro tutte le sue antiche e colorate amiche,
sopravvissute ai molti decenni e ai molti mariti, ben pettinate,
imbellettate, con gli occhi ripassati di nero e d’argento, ma con le
labbra senza rossetto, dato che si trattava di una messa funebre. Lunghissimi
furono i saluti, tutti vollero abbracciare l’architetto e recargli una
parola di conforto, anche il giovane biondastro con i capelli a
caschetto tirati all’indietro, quello del pick-up nero, il direttore del
Centrale, il quale si guardava intorno con importanza; e tutti gli
intervenuti vennero filtrati da Giulia, che con molta attenzione
esaminava di ognuno l’aspetto, le espressioni ed il comportamento. Dislocati
nelle varie parti della chiesa i carabinieri del RIS in borghese
facevano la stessa cosa, mentre delle microcamere piazzate ad arte
filmavano tutte le scene; ed il maresciallo e l’appuntato, i primi
intervenuti, insieme ai colleghi delle altre stazioni, presidiavano con
le loro Alfa il piazzale del tempio. Tra i presenti furono notati
anche i conti della Torre, perno della aristocrazia delle Marche
centrali, accorsi in tono volutamente dimesso e molto snob a bordo della
loro Fiat Panda Van di colore argento. Il sostituto invece non si
vide perché aveva detto che se doveva partecipare al funerale di tutti
quelli che nel suo territorio morivano non di morte naturale, stava
fresco! I giornali locali il giorno dopo fecero dell’evento un vero e
proprio evento mondano, cercando anche di riscostruire in qualche modo
la dinamica e la paternità dell’omicidio; la Procura dal suo canto aveva
solo fatto sapere che era stato aperto un fascicolo contro ignoti, che
il RIS di Ascoli aveva dato inizio ai propri lavori, che erano state
sigillate la camera in villa della defunta e la sua cabina nella barca
attraccata al porto, e che le indagini si stavano svolgendo a tappeto,
anche con la collaborazione della polizia postale per quanto riguardava
sia la cellula telefonica che la casella email della vittima, nella
impossibilità però di esaminarne i relativi testi, dal momento che il
suo personal risultava scomparso ed introvabile.
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22/05/2018 22:49:26 |
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