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Marco Ribechi |
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STORIA - La moderna strada che collega Umbria e Marche in realtà è stata percorsa per almeno 800 anni a bordo di carrozze trainate da cavalli. Le stazioni di posta dello Stato Pontificio permettevano di coprire la distanza tra Bologna e Roma in circa 50 ore
Attraversare l'Appennino sulla Quadrilatero, un itinerario battuto da secoli. La moderna strada che collega le Marche con l'Umbria appare oggi come una vera e propria rivoluzione della viabilità con flussi di persone che si spostano agevolmente da Perugia verso la costa e viceversa. La tratta però è conosciuta da almeno otto secoli quando portava il nome di via Lauretana. Nei tempi antichi, quando si viaggiava a cavallo, l'antico passaggio seguiva lo stesso tracciato, e le soste o stazioni di posta lungo il tratto da Foligno a Macerata coincidevano con le uscite della strada attuale. Centrali erano le stazioni di posta, distanti una dall’altra circa 15-20 chilometri, dove si poteva sostituire il cavallo stanco e coprire così lunghe distanze nell’arco di una giornata. Fino alla metà del 1600 la città di Foligno era tagliata fuori dal percorso principale, infatti da Spoleto si prendeva l’attuale SP 459. Queste le stazioni di posta riportate nella guida "Itinerario delle poste per diverse parti del mondo di Giovanni De L’Herba" del 1563: Roma, Prima Porta, Castelnuovo di Porto, Rignano, Civita Castellana, Otricoli, Narni, Terni, Strettura, Spoleto, Passo di Spoleto (Spina Nuova), Verchiano, Piano di Dignano (Taverne), Mutia (Muccia), Valzimare (Valcimarra), Tolentino, Macerata per poi proseguire per Loreto passando per Recanati, tra queste due città fin dai tempi più remoti c’era la stazione postale di Sambucheto, frazione del comune di Montecassiano e Recanati. Dalla metà del 1600, le stazioni di posta da Roma a Macerata passarono da 16 a 18, si abbandonò la statale 459 e si riprese l’antico percorso romano della via Flaminia fino a Foligno: Roma, Prima Porta, Borghettuccio (Malborghetto), Castelnuovo, Rignano, Civita Castellana, Borghetto, Otricoli, Narni, Terni, Strettura, Spoleto, Le Vene (provincia di Perugia), Foligno, Casenuove (Casenove, comune di Foligno), Serravalle, Ponte la Trave (comune di Camerino), Valcimarra, Tolentino, Macerata. Un antico contratto di viaggio stipulato l’8 marzo 1842, tra il conte, Franco Antonio Venezze di Rovigo e un vetturino (conduttore di diligenze) tale Gaetano Mazzetti ci dà una chiara idea sui tempi e le modalità di viaggio a bordo di carrozza chiusa trainata da due, tre o quattro cavalli. Non mancava il servizio autobus con carrozze dove potevano salire anche 20 persone per un peso totale di 5 tonnellate. Il nostro conte l'8 marzo 1842 intraprende un viaggio con moglie, due figlie e domestico, da Bologna a Roma. Il tempo di percorrenza era di sette giorni e mezzo, il tratto più breve quello tra Loreto e Tolentino, 46 chilometri circa, mentre il più lungo, tra Tolentino a Otricoli, oltre 150 chilometri in un giorno per un compenso di settanta scudi romani, (uno scudo corrispondeva a 5 lire). Nulla era lasciato al caso, si programmavano le tappe, gli alberghi e il pasto e anche durante gli spostamenti una nobile famiglia non rinunciava certo ai servigi di un domestico. Il viaggio di un privato da Bologna a Roma passando per Loreto, senza cambiare i cavalli, durava una settimana.
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Con il servizio postale dello Stato Pontificio, (in vigore sin dal 1500)
si andava da Bologna a Roma in 51 ore e 5 minuti: in poco più di due
giorni e due notti le diligenze percorrevano oltre 500 chilometri. Per
ottenere questi eccezionali tempi di percorrenza si effettuavano cambi
di cavalli ad ogni stazione di posta, il vetturino suonava il "corno
postale" per avvisare il postiglione (responsabile e gestore della
stazione di posta) che in tutta fretta preparava in 30 minuti i cavalli
freschi. Il viaggiatore aveva documenti personali, passaporti fogli di
via e denaro (nella valuta del luogo). Nella sua guida del 1775
Francesco Tiroli spiega l’importanza di non rimanere senza liquidità
consigliando di apprendere qualche arte medica prima della partenza per
poter guadagnare dei soldi nel caso se ne resti a corto. Nel bagaglio
del viaggiatore non poteva mancare una buona mappa o una guida. Nella
metà del XVIII secolo, quando esplose la moda del Grand Tour, la
produzione di mappe stradali e di guide aumentò considerevolmente. La
"via lauretana" spesso era in semplice terra battuta, e in caso di
piogge abbondanti poteva subire interruzioni e alluvioni.
La
diligenza postale da Roma a Bologna per la via "Lauretana" passava
quattro giorni alla settimana: lunedì, mercoledì, sabato e domenica, e
gli arrivi erano a tutte le ore, anche alle 4 di notte. Fino alla fine
del XIX secolo il concetto di ospitalità non era quello a cui siamo
abituati: le stanze ospitavano quasi sempre più persone, spesso
sconosciute fra loro. Del corredo del viaggiatore, non poteva mancare la
scatola da viaggio, “necessaire de voyage”, che dalla seconda metà del
XVIII secolo da semplice scatola di legno si trasforma in un prezioso
contenitore spesso intarsiato di madreperla e ottone insieme ad essenze
pregiate come il mogano, l’ebano, il ciliegio e la radica di noce. Nella
parte interna del coperchio troviamo quasi sempre uno specchio che
spesso cela un vano segreto dove si potevano nascondere documenti e
denaro. Tra gli oggetti più curiosi anche il “Water da viaggio” uno
strumento indispensabile per il viaggiatore raffinato e facoltoso che
non voleva rinunciare alle comodità e alle agiatezze del proprio
palazzo.
*** Il collezionista Antonio Volpini di Corridonia
ha collaborato alla stesura di questo articolo fornendo anche le
immagini dei cimeli da viaggio in uso nei secoli passati provenienti
dalla sua collezione privata.
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23/01/2018 02:15:06 |
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