Uno scrittore americano, Ernest Hemingway (1899-1961), e due scrittori inglesi, Agatha Christie (1890-1976) e Graham Greene (1904-1991), hanno adottato questo ‘doppio termine’ per un loro romanzo (nel caso di Hemingway una pièce teatrale): “quinta colonna”. In verità, solo nel caso dell’autore statunitense è stata rispettata la traduzione letterale, “The fifth column” (scritta tra il 1937 e il 1939), mentre per gli altri due i titoli originali erano: per la Christie “N or M” (1941) e per Greene “The Ministry of Fear” (1943).
Peraltro le tre opere, autonome, ognuna nella propria trama, nel contesto del racconto avevano lo scopo, nella rappresentazione, di trasmettere un unico significato comune. A questo punto è opportuno render chiaro, a scanso di equivoci, cosa si intende dire quando si parla di “Quinta colonna”. La definizione, entrata da subito, quasi universalmente, nel ‘gergo’ parlato (ed anche scritto), si riferisce a chi, infiltrato, favorisce (segretamente) l’interesse di una parte esterna/nemica. La sua origine risale alla guerra civile spagnola (1936-1939) quando, intervistato da un giornalista straniero, il generale Mola, sottoposto del ‘Caudillo’ (Francisco Franco), disse che a Madrid, alle quattro colonne agli ordini del ‘Generalissimo’ che l’attaccavano dall’esterno, avrebbe prevalso ‘la quinta’ (gli infiltrati), che l’attaccava dall’interno.
Quanto precede dovrebbe costituire, nella modesta intenzione dell’autore, un’anabasi – letteralmente, spedizione che parte dalla costa diretta verso il centro di un territorio, ma nel nostro caso vale come... ‘percorso interiore di riflessione’ – per immaginare una storia diversa del nostro paese qualora, gli ‘ambiziosi’ progetti di tre personaggi di ‘buona volontà’, non fossero stati troncati da un’oscura mano’ nel loro pieno svolgimento. La storia ufficiale, o meglio ‘ufficializzata’ non ha, a tutt’oggi, ancora modo di chiarire tali fumosi, e ormai vetusti, ‘segreti di Stato’.
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