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Diego Antolini |
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Continua dall'articolo precedente
Quasi ogni studioso di criminologia, antropologia e di scienze sociali in genere è concorde nell’affermare che la ragione principale dell’esplosione della mafia africana in Europa è dovuta a decenni di immigrazione a cui il vecchio continente è stato - ed e' tutt'ora - esposto, in quello che e' un fenomeno migratorio senza precedenti. Non solo le confraternite nigeriane sono state in grado di strutturarsi all’ombra delle politiche di accoglienza e della mancanza di legislazioni chiare in tema di ingresso e soggiorno dei migranti, ma stanno sfruttando, proprio loro, gli autentici migranti e rifugiati che vengono “parcheggiati” per anni dentro i centri di accoglienza e lasciati praticamente a se stessi, come materiale umano: pusher, corrieri, prostitute, mercenari, 'muli', ecc. sono i ruoli per i quali vengono selezionati. In Italia soltanto vi sono migliaia di immigranti illegali che non possono chiedere lavoro né ottenere il permesso, e non sono neppure ufficialmente riconosciuti come rifugiati.
Questa è una delle ragioni per cui e' davvero difficile, oggi, sradicare le organizzazioni criminali africane dal territorio italiano: in una settimana sono entrati in Italia 2000 migranti lo scorso settembre. Da luglio a settembre 2017 sono stati registrati 6500 migranti, per un totale di 125000 nell’anno solare. E secondo le analisi dell’ONU la maggior parte è entrata in Italia.
Un lungo dossier pubblicato su The Guardian il 1 Febbraio 2018, firmato da Barbie Latza Nadeau descrive l’odissea di tante ragazze africane che vengono inviate in Italia (viaggio pagato dalle organizzazioni criminali) con l’illusione di avere un lavoro pronto e una nuova vita. Vengono “ricevute” da un centro di accoglienza (nel dossier si parla del Cara di Mineo, Centro di accoglienza per richiedenti asilo) e da lì prese in custodia dai rami internazionali delle confraternite nigeriane. Le più fortunate diventano prostitute. Scrive Nadau:
“...Cara significa anche ‘cara’ in Italiano, ma Mineo non è il posto dove le persone che hanno rischiato tutto per l’opportunità di una nuova vita possono rallegrarsi. Situato a circa 70km dalla costa nella Sicilia centrale è un luogo infernale dove la vasta maggioranza dei migranti africani che arrivano dal mare iniziano il loro lungo viaggio verso la richiesta di asilo. Ma spesso, prima che essi possano ottenere uno status legale, vengono inseriti nel mondo criminale... ”
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Il report prosegue descrivendo come lo Stato Italiano stanzi fondi per
ogni centro di accoglienza, fondi che dovrebbero essere redistribuiti ad
ogni richiedente asilo. Ma la realtà è che molti di questi centri
trattengono la maggior parte della somma come profitti. Non solo, ma
molti centri di accoglienza (un altro centro menzionato nel dossier è
Sant’Anna, in Calabria) non sembrano possedere misure di sicurezza o di
censimento adeguate, visto che indagini da più fonti parlano di
frequenti visite da parte di organizzazioni criminali, soprattutto
quella nigeriana, che si servono dei migranti come “muli” o pusher. Ma
la situazione è ancora più raccapricciante man mano che si
approfondisce il sistema di “reclutamento” dalla Nigeria: appena messo
piede in Italia (con il miraggio di lavorare in un negozio di
acconciature, ad esempio) le ragazze africane vengono alloggiate nel
centro mentre una non meglio identificata 'associazione cattolica' li
aveva forniti di una carta telefonica internazionale per chiamare a casa
e far sapere di essere arrivate sane e salve. Ma la donna che
rispondeva all’altro capo del telefono non era la madre, bensì una
sconosciuta che intimava alla ragazza di richiedere asilo politico
utilizzando un nome e una data di nascita falsi, e di non dare mai a
nessuno il numero al quale aveva appena chiamato.
Cara di Mineo
fu indagata nel 2012 dopo che i dottori del centro ricevettero una serie
di richieste di aborti (32 aborti eseguiti sui migranti in 3 mesi,
incremento del 200% rispetto all’anno prima). Nel 2016 quattro nigeriani
richiedenti asilo sono stati arrestati a Cara di Mineo con l’accusa di
spaccio di droga e violenza su una residente. Francesco Verzera, il
procuratore che aveva giurisdizione sul centro di accoglienza, ne chiese
l’immediata chiusura spiegando che il sovraffollamento e la mancanza di
vigilanza aveva creato un ambiente criminale pericoloso.
“...Qesti
atti violenti diventeranno la norma se si continua a tenere il centro
in attività con quasi 4000 persone. Il crimine diventa più violento e il
crescente disprezzo per la vita è un chiaro segnale di una situazione
che si va deteriorando...”
Il direttore del centro Cara di
Mineo, Sebastiano Maccarrone, ha ammesso in una serie di interviste nel
2016 che è virtualmente impossibile proteggere i residenti: “E’ come una
piccola città, i crimini più grandi vengono denunciati, ma quelli
minori sono solitamente gestiti tra i residenti”.
Le indagini di
Verzera hanno rivelato inconsistenze sul censimento dei residenti. Molti
dei migranti il cui nome appariva nei registri del centro erano
scomparsi già da tempo, anche se l’amministrazione di Maccarrone
riceveva regolarmente i €35 giornalieri per i residenti “fantasma”. Ma
almeno in questo caso le regole sono chiare: se i migranti non tornano
al centro dopo tre giorni di assenza devono essere eliminati dal
registro e la comunicazione inviata a Roma così che l’erogazione della
quota puo' essere bloccata. Ma Verzera ha scoperto che ciò non avveniva, e che gli ingetti extra venivano trattenuti a Cara di Mineo come profitti.
[CONTINUA]
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16/03/2018 07:32:52 |
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