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Emanuele Tondi |
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Lui è Emanuele Tondi, lei è Giuseppina Fattori vedova Turchetti. Lui, docente all’Università di Camerino, è il sismologo che ha individuato il ‘male oscuro’ del terremoto del Centritalia nella faglia del ‘Tratturo delle Fate’ sul Vettore intuendo via via gli altri movimenti tellurici fino al gennaio scorso; lei è la nonnina più famosa d’Italia. Due nomi ormai famosi i loro che s’incrociano nello scenario inquieto del post sisma in questo intervento dello stesso Tondi nel suo ruolo, certo non secondario, di sindaco (a Camporotondo sul Fiastrone).
Subito dopo le scosse di fine ottobre 2016, insieme con diversi Sindaci chiedemmo ad Errani una ordinanza per permettere ai terremotati la possibilità di costruire o installare a proprie spese e nei propri terreni alloggi di emergenza, come piccole casette in legno, roulotte, case mobili, container e/o moduli abitativi. Strutture temporanee che sarebbero state demolite o rimosse una volta finita l’emergenza. Niente da fare, la risposta fu “i terremotati devono essere tutti uguali, sia se abitano in città che in campagna”. Peccato però che grazie alle sue ordinanze i terremotati non sono tutti uguali. Ci sono quelli ancora negli alberghi lungo la costa, hanno perso il lavoro e non hanno nessun reddito da più di un anno. Ci sono quelli a cui il terremoto ha distrutto casa ma non il lavoro, si sono trasferiti ed usufruiscono di contributi ed agevolazioni. Ci sono quelli a cui il terremoto non ha distrutto ne casa ne lavoro, ma hanno contributi ed agevolazioni perché residenti nei comuni del cratere. Poi ci sono tutti quelli che resistono, contro disservizi e, freddo e caldo, neve e siccità. L’alternativa era andare “al mare” e molti di loro si sono organizzati autonomamente, per non lasciare i loro animali, i loro campi, la loro attrezzatura incustodita e i loro luoghi. Così facendo hanno “alleggerito” il dramma dell’emergenza a comuni e protezione civile, non hanno chiesto le costosissime SAE e rimanendo nei territori hanno contribuito da subito alla loro ripresa. Questo fino alla scorsa estate, quando a causa di una solerte Forestale e un ancor più solerte Procuratore venne ordinata la demolizione di una casetta in legno che aveva costruito, senza tutte le necessarie autorizzazioni, Peppina, una terremotata di 95 anni residente a Fiastra. La vicenda salì alla ribalta nazionale e dopo una serie di vicissitudini, anche grottesche, finalmente il Governo pubblica sulla GU n.284 del 5-12-2017 il Decreto Legge 148/2017, dove all’Art. 2bis (pag. 75) è contenuta la norma “salva Peppina”. Tutti convinti che, finalmente, oltre a Peppina anche gli altri che avevano costruito alloggi temporanei o posizionato roulotte-container-moduli abitativi sui propri terreni potessero finalmente dormire tranquilli.
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E invece no, per poter rimanere nella casetta temporanea, che verrà
comunque demolita una volta ricostruita la propria abitazione, questa
deve essere posizionata in terreno proprio ed EDIFICABILE, che può andar
bene per Peppina ma non per tutti, ovviamente. Per quanto riguarda le
strutture mobili tipo roulotte-case mobili-container-modulo abitativo,
non è necessaria un’area edificabile ma occorre presentare la
comunicazione al comune attestante la conformità igienico-sanitaria
(altezza utile 270 cm) e quella sismica. Contestualmente, occorre
presentare richiesta di contributo per la ristrutturazione o la
ricostruzione dell’immobile danneggiato all’ufficio sisma entro il 31
gennaio 2018. Inoltre, in tutti i casi si perde il CAS (Contributo di
Autonoma Sistemazione). Queste norme appaiono come un vero e proprio
accanimento nei confronti dei terremotati a cui sono rivolte. Quali
strutture mobili tipo roulotte-container-moduli abitativi possono avere
la conformità igienico-sanitaria che prevede un’altezza utile di 270 cm?
Per quale ragione chi ha istallato una struttura temporanea “in house”,
e la vuole regolarizzare, è obbligato a presentare il progetto di
ristrutturazione-ricostruzione entro il 31 gennaio, mentre a tutti gli
altri si da tempo fino al 31 marzo? Considerando che il rispetto della
scadenza non dipende dal terremotato ma dal progettista incaricato, dai
risultati della microzonazione e dai sondaggi geologici, visto che per
la maggior parte si tratta di ricostruzione pesante. Inoltre, qual è il
nesso tra il permettere a queste persone di rimanere ad abitare nelle
loro strutture temporanee e il CAS? Il primo riguarda problemi di
vincoli territoriali e autorizzazioni mancanti a cui si va in deroga,
appunto, con il decreto legge. Il secondo è un contributo per autonoma
sistemazione, e più autonoma di chi a spese proprie si è comprato ed
istallato un container, casa mobile, modulo abitativo o roulotte cosa
c’è? Caro Commissario De Micheli, queste persone hanno agito
autonomamente per sopperire alla mancata risposta delle Istituzioni
nell’affrontare l’emergenza. Se come promesso a suo tempo dalla
Protezione Civile Nazionale e dal Commissario Errani le SAE fossero
arrivate in 6 mesi e contestualmente partite le ristrutturazioni
“leggere”, tali norme sarebbero state anche condivisibili, ma a 15 mesi
dal terremoto, con le SAE ancora in gran parte da consegnare e la
ristrutturazione-ricostruzione al palo, assolutamente no!!! Se non
abitavano in un container su ruote, acquistato ed installato a proprie
spese, avrebbero richiesto le costosissime e incredibilmente impattanti
da un punto di vista ambientale SAE. Hanno fatto risparmiare un sacco di
soldi allo Stato ed evitato uno scempio ambientale enorme del nostro
territorio. Alcuni comuni, come il mio, avrebbero dovuto raddoppiare la
richiesta di SAE, senza per altro avere luoghi idonei per il loro
posizionamento. E invece di ringraziarli vi permettete di fare questo
che a tutti gli effetti non sembra altro che un dispetto? |
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19/12/2017 19:52:50 |
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