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Maurizio Verdenelli |
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Ezio Natali. La ‘vera storia’ del fondatore della trattoria maceratese tra le più celebri delle Marche, ora chiusa dopo oltre sessant’anni. Un cliente su tutti: il maestro del Futurismo europeo Ivo Pannaggi. Poi star, presidenti Rai, maestri d’orchestra grandi presentatori, cantanti lirici e di musica leggera e perfino Le Jene.
“Verdinè, io faccio pagare un pranzo o una cena al prezzo quasi di una colazione al bar…”. Sorrideva, consapevole del suo ‘eroismo’ da ristoratore. Ezio: perché dunque prezzi così bassi? Nella sua trattoria si mangia bene, genuino. Un menu che merita un conto più elevato. Perché lo fa? “Se non lo faccio io, quanti dei miei clienti potrebbero permettersi un pasto? Da chi andrebbero se anch’io mi adeguo a questa ondata di rialzi in città e non fossi io ad accoglierlo?” Stupivo, fu tuttavia così che sul ‘Messaggero’ definii Ezio Natali (sfruttando giornalisticamente un anniversario della trattoria) il ‘santo ospitaliere’, degno della tradizione patronale di San Giuliano. Non a caso il miglior sugo di papera della città, in quell’ultimo giorno di agosto, era invariabilmente di Armida (Mirella era quasi un nome d’arte): regina della cucina di quella popolarissima trattoria in via Crescimbeni. Ezio ricambiò la simpatia del giornalista sostituendo ‘Il Resto del Carlino’ con ‘Il Messaggero’ come giornale ufficiale della Casa. Era una persona davvero buona, Ezio e ne era convinto anche quell’amabile criticone di Pietro ‘Briscoletta’ Baldoni. Veniva, il signor Natali, dalla scuola del Gran Caffè Venanzetti. Imparata l’arte, era volato a Torino dove aveva conosciuto Meri -o Mary, non lo seppi mai con precisione. Si erano sposati in età matura ed erano tornati assieme aprendo in via Crescimbeni, con onestà e ‘fatica’, una trattoria. Ed un giorno mi fecero vedere il loro album di nozze, insieme con alcuni tovaglioli disegnati da un loro avventore, un signore che abitava di fronte alla trattoria: Ivo Pannaggi! Il maestro del Futurismo europeo era di casa da ‘Ezio’, dopo essere tornato dalla Norvegia. Io sobbalzai…su quei tovaglioli qualcuno aveva gettato inavvertitamente dell’acqua stingendo un po’ il disegno. “Incorniciateli: valgono!”. Ed Ezio: “Dici davvero?! Sai quanti disegni ha fatto lui sui tovaglioli che ho poi gettato via sparecchiando”.
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I clienti della trattoria erano un po’ una famiglia: gli habituees, gli
impiegati e c’erano i poveri in canna che il ‘santo ristoratore’ aveva
praticamente adottato. Ci fu pure lo studente greco che, squattrinato,
mangiava gratis e che poi diventato ricco avvocato avrebbe lasciato
marce principesche. C’era sopratutto Filippo detto ‘Fantino’ che adorava
Natali come un padre: guai a mancare al patron di rispetto, anche se
solo un poco. Egli avrebbe affrontato chiunque …all’arma bianca: una
volta toccò a Mirella fermarlo in extremis. Ezio da parte sua non
dimenticava Filippo: una volta da una crociera gli portò una maglietta
coloratissima. Lui me la mostrò, commosso, gli occhi che luccicavano. Poi
Meri morì quasi improvvisamente lasciando un grande vuoto. La famiglia
di Mirella (il figlio Marco, il marito Giovanni Montecchiari e fino a
quando vissero i suoi anziani genitori) divenne un po’ quella di Ezio,
vedovo della carissima Meri. Anch’io talvolta venivo invitato a farne
parte per brevi momenti: ricordo in estate un bellissimo pranzo nella
casa di campagna, con oliveto, a Penna San Giovanni. Ezio fumava
tantissimo: certo, lo faceva con discrezione tenendo la sigaretta accesa
dietro di sé quando portava a tavola i piatti - ricordo dalla cucina la
fatidica comanda: ‘presto il minestrone per Capodaglio!’, bancario e
‘vecchio’ cliente. Fumava con eleganza, senza mostrarlo, ma fumava,
eccome! La malattia polmonare ebbe decorso piuttosto breve: negli ultimi
momenti il ‘santo ospitaliere’ delirando ricordava, si dice, la sua
amata trattoria. Mai in circa quarant’anni abbandonata neppure per
l’intervallo tra pranzo e cena: allora passando per via Crescimbeni lo
si poteva vedere mentre leggeva ‘Il Messaggero’ seduto su un tavolo di
fronte alla vetrata sfruttando la luce del giorno. Fu un giorno
triste quello del suo addio: Mirella mi telefonò, la mattina presto.
“Verdinè, Ezio è morto”. Sulla tomba misero la foto che su mia richiesta
gli aveva fatto Carlo Gentili, per quel servizio sul ‘Messaggero’. La
stessa che prima della chiusura della trattoria, ieri l’altro,
campeggiava all’ingresso in alto sulla sinistra. Sono passati circa
vent’anni da allora, ma il ricordo del ‘santo ristoratore’ è rimasto
vivo in tutti noi del quartiere. E bene hanno fatto in tutti questi anni
Mirella, Marco e Giovanni a tenerne vivo la memoria cambiando ragione
sociale al locale che si chiamava Trattoria Crescimbeni ed organizzando
la vigilia di Natale il ‘pranzo dei poveri’ con successo mediatico
straordinario. I clienti in questi anni sono stati diversi rispetto a
quelli di Ezio: la trattoria è diventato un cult nazionale. Al vertice
nel capoluogo e nelle Marche nei sondaggi, visitata da ‘Le Jene’,
lanciata sui grandi organi d’informazione (Corsera, Repubblica) ed una
passerella infinte di star: a cominciare dal maestro Riz Ortolani e la
moglie Katyna Ranieri, continuando con il più entusiasta di tutti
Pierluigi Pizzi, per anni direttore di MacerataOpera (il quale evocava
il nome della trattoria pure in conferenza stampa), Fabrizio Frizzi,
cantanti lirici e di musica leggera, il premio Oscar Dante Ferretti ed
una volta anche la signora Anna Maria Tarantola, a quel tempo presidente
Rai. “Le ho regalato una bottiglia del nostro olio, sì, quello di Penna
San Giovanni, genuino: lei quasi non ci credeva…!” mi rivelò Mirella
bravissima nella pasta fatta mano, nello stinco, nei piatti della
tradizione maceratese e anche nelle pubbliche relazioni. Confesso:
da anni non ritornavo più ‘da Ezio’, facendo mio il consiglio di
Goethe: “Ricordati di non tornare nei luoghi dove sei stato felice”. “Ma
noi, Verdinè, ci siamo sempre voluti bene” mi ha detto qualche tempo fa
Mirella. Ma adesso che l’assordante saracinesca - sempre la stessa
che Ezio tirava su alle 7 in punto della mattina- è stata abbassata per
l’ultima volta, per noi ‘ex ragazzi di via Crescimbeni’ è come se il
‘santo ospitaliere’, il carissimo Ezio che amava, riamato, gli ultimi
degli ultimi, se ne fosse andato. Stavolta per sempre. |
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27/02/2018 07:38:44 |
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